Sepolti ad Alag, il racconto del sopravvissuto [discussione]
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Sepolti ad Alag, il racconto del sopravvissuto [discussione]
Riporto un post di un altro forum (sempre a tema valanghe)....
E' l'articolo riportato dalla Stampa Zona Valsesia relativamente ai seppellimenti di settimana scorsa.
Al momento non mi va di commentare i contenuti ma secondo me una libera discussione sarebbe interessante.... A voi la parola.
ALAGNA. IL RACCONTO DELLA GUIDA ALPINA SALVATA SOTTO LA VALANGA
“Il rischio è il nostro lavoro”
Zaninetti: non siamo incoscienti, eravamo attrezzati per ogni evenienza
ALAGNA
Un po' per divertimento, un po' per lavoro. Ecco perché Marco Zaninetti e Margherita Maggioni, si trovavano insieme ad altri cinque amici al passo Zube, a 2400 metri di quota, dove l'altro giorno si è staccata una valanga che li ha travolti. Nella sua casa di Romagnano Sesia, Marco Zaninetti, 33 anni, guida alpina e addetto al distacco artificiale di slavine, continua a rispondere al telefono. Sta bene ed è sereno. «Quando ci sono nevicate di un certo tipo - racconta Zaninetti - facciamo spesso escursioni di questo tipo, sia per il piacere di sciare sulla neve fresca, sia per monitorare il rischio di valanghe. Ovvio che la comitiva è sempre composta da guide alpine, sciatori esperti e preparati. Se l'altro giorno un cliente mi avesse chiesto di accompagnarlo al passo Zube mi sarei rifiutato, perché sapevo che era rischioso». Da passo Zube i sette scendono a Otro. «Come si fa in questi casi - continua la guida alpina - abbiamo messo il gruppo in sicurezza per scendere uno alla volta. Questa tecnica si usa per non appesantire la neve e per vedere cosa fa quello che si trova davanti a te. Io ho iniziato a scendere e poi mi ha seguito Margherita. A un tratto è franato il pendio nevoso e mi sono sentito trascinare giù. Per un po' sono rimasto a galla, poi mi sono ritrovato immobilizzato dentro la neve. Indossavo l'Avalung, uno zainetto dotato di un boccaglio sullo spallaccio. Serve proprio in questi casi: lo metti in bocca e ti aiuta a filtrare l'ossigeno che si trova nella neve. Così ho potuto respirare senza mai perdere coscienza. Sapevo comunque che in superficie c'era gente preparata, munita di attrezzatura e in grado di usarla. Ero fiducioso». Grazie all'Arva, alla pala e alla sonda, sono iniziate le ricerche e, in 8 minuti, la testa di Zaninetti è stata riportata alla luce. Poco dopo anche il viso della sua fidanzata, Margherita Maggioni, che si trovava una trentina di metri più a monte. «Mi sembrava di sentire delle voci, ma non sapevo se erano vere o se era la mia immaginazione. Quando sei sepolto dalla neve pensi a tante cose. Poi ho sentito la sonda che mi toccava il polpaccio e dopo pochi secondi ho rivisto la luce. Ero sotto 80 centimetri di neve, completamente immobile». La comitiva di guide alpine ha affrontato il fuori pista conoscendo i rischi, ma comunque sapendo di essere attrezzata e preparata a qualsiasi evenienza. «Non siamo certo incoscienti - spiega Zaninetti - ma facciamo un lavoro che, come chiunque lavori con la natura, comporta anche dei rischi. Se volevo starmene più tranquillo mi chiudevo in un ufficio. A salvarci è stato un mix di elementi: strumentazione ma anche competenza del gruppo. Senza di questi non saremmo neppure usciti. L'autosoccorso è fondamentale, perché l'elicottero, per quanto rapido sia, impiega una ventina di minuti a giungere sul posto. Se si interviene nei primi 15 minuti, si ha il 90 per cento di probabilità di trovare la persona in vita. L'ho sempre detto e lo ripeto: in montagna si va solo con l'attrezzatura giusta». «L’informazione è alla base della pratica di sport estremi come fuori pista o sci alpinismo». A dirlo è il maresciallo Alan Barcelli, comandante della stazione dei carabinieri di Alagna, uno dei tanti angeli con gli sci ai piedi che vigila sullo svago dei turisti. «E’ indispensabile – prosegue il comandante – conoscere sia la zona che si vuole affrontare, sia le condizioni atmosferiche, sia le proprie capacità tecniche. Il modo migliore per informarsi è chiedere alle forze dell’ordine sulle piste». Il Prefetto Pasquale Minunni ricorda che «fino a quando non cambieranno le condizioni meteo, gli sciatori dovranno rispettare gli avvisi nelle stazioni, evitando comportamenti imprudenti».
E' l'articolo riportato dalla Stampa Zona Valsesia relativamente ai seppellimenti di settimana scorsa.
Al momento non mi va di commentare i contenuti ma secondo me una libera discussione sarebbe interessante.... A voi la parola.
ALAGNA. IL RACCONTO DELLA GUIDA ALPINA SALVATA SOTTO LA VALANGA
“Il rischio è il nostro lavoro”
Zaninetti: non siamo incoscienti, eravamo attrezzati per ogni evenienza
ALAGNA
Un po' per divertimento, un po' per lavoro. Ecco perché Marco Zaninetti e Margherita Maggioni, si trovavano insieme ad altri cinque amici al passo Zube, a 2400 metri di quota, dove l'altro giorno si è staccata una valanga che li ha travolti. Nella sua casa di Romagnano Sesia, Marco Zaninetti, 33 anni, guida alpina e addetto al distacco artificiale di slavine, continua a rispondere al telefono. Sta bene ed è sereno. «Quando ci sono nevicate di un certo tipo - racconta Zaninetti - facciamo spesso escursioni di questo tipo, sia per il piacere di sciare sulla neve fresca, sia per monitorare il rischio di valanghe. Ovvio che la comitiva è sempre composta da guide alpine, sciatori esperti e preparati. Se l'altro giorno un cliente mi avesse chiesto di accompagnarlo al passo Zube mi sarei rifiutato, perché sapevo che era rischioso». Da passo Zube i sette scendono a Otro. «Come si fa in questi casi - continua la guida alpina - abbiamo messo il gruppo in sicurezza per scendere uno alla volta. Questa tecnica si usa per non appesantire la neve e per vedere cosa fa quello che si trova davanti a te. Io ho iniziato a scendere e poi mi ha seguito Margherita. A un tratto è franato il pendio nevoso e mi sono sentito trascinare giù. Per un po' sono rimasto a galla, poi mi sono ritrovato immobilizzato dentro la neve. Indossavo l'Avalung, uno zainetto dotato di un boccaglio sullo spallaccio. Serve proprio in questi casi: lo metti in bocca e ti aiuta a filtrare l'ossigeno che si trova nella neve. Così ho potuto respirare senza mai perdere coscienza. Sapevo comunque che in superficie c'era gente preparata, munita di attrezzatura e in grado di usarla. Ero fiducioso». Grazie all'Arva, alla pala e alla sonda, sono iniziate le ricerche e, in 8 minuti, la testa di Zaninetti è stata riportata alla luce. Poco dopo anche il viso della sua fidanzata, Margherita Maggioni, che si trovava una trentina di metri più a monte. «Mi sembrava di sentire delle voci, ma non sapevo se erano vere o se era la mia immaginazione. Quando sei sepolto dalla neve pensi a tante cose. Poi ho sentito la sonda che mi toccava il polpaccio e dopo pochi secondi ho rivisto la luce. Ero sotto 80 centimetri di neve, completamente immobile». La comitiva di guide alpine ha affrontato il fuori pista conoscendo i rischi, ma comunque sapendo di essere attrezzata e preparata a qualsiasi evenienza. «Non siamo certo incoscienti - spiega Zaninetti - ma facciamo un lavoro che, come chiunque lavori con la natura, comporta anche dei rischi. Se volevo starmene più tranquillo mi chiudevo in un ufficio. A salvarci è stato un mix di elementi: strumentazione ma anche competenza del gruppo. Senza di questi non saremmo neppure usciti. L'autosoccorso è fondamentale, perché l'elicottero, per quanto rapido sia, impiega una ventina di minuti a giungere sul posto. Se si interviene nei primi 15 minuti, si ha il 90 per cento di probabilità di trovare la persona in vita. L'ho sempre detto e lo ripeto: in montagna si va solo con l'attrezzatura giusta». «L’informazione è alla base della pratica di sport estremi come fuori pista o sci alpinismo». A dirlo è il maresciallo Alan Barcelli, comandante della stazione dei carabinieri di Alagna, uno dei tanti angeli con gli sci ai piedi che vigila sullo svago dei turisti. «E’ indispensabile – prosegue il comandante – conoscere sia la zona che si vuole affrontare, sia le condizioni atmosferiche, sia le proprie capacità tecniche. Il modo migliore per informarsi è chiedere alle forze dell’ordine sulle piste». Il Prefetto Pasquale Minunni ricorda che «fino a quando non cambieranno le condizioni meteo, gli sciatori dovranno rispettare gli avvisi nelle stazioni, evitando comportamenti imprudenti».
ma secondo me, (e questa è la mia opinione personale) non vedo il motivo per correre tali rischi.... vale lo stesso discorso del ladro che va a rubare ..ci va perchè è convinto di non essere" beccato".... Dire che non si è incoscienti mi pare fuori luogo a meno che non si abbia poca considrazione della vita propria, e non solo.
Dubito anche che il lavoro a cui si riferisce il testo possa comportare in maniera obbligatoria tali rischi, si può fare anche a meno di inoltrarsi in zone così rischiose,(non penso che ci sia solo quel metodo per valutare i rischi) mi domando poi se sia la piacevole sciata in fuori pista o la voglia del rischio in se che spinge a tanto.....
Dubito anche che il lavoro a cui si riferisce il testo possa comportare in maniera obbligatoria tali rischi, si può fare anche a meno di inoltrarsi in zone così rischiose,(non penso che ci sia solo quel metodo per valutare i rischi) mi domando poi se sia la piacevole sciata in fuori pista o la voglia del rischio in se che spinge a tanto.....
Credo che il problema sia diverso: ogni volta che il proprio livello tecnico e atletico aumenta, si percepiscono i rischi (e le sfide) in modo diverso, per cui può diventare apparentemente 'normale' qualcosa che gli altri giudicherebbero una imprudenza.
Non mi sento di dire se han fatto bene o meno ad andare, ma credo che se lo sentissero e quindi difficilmente definirei imprudente il loro comportamento.
Inoltre, essendo dei professionisti della montagna, credo proprio che fossero coscienti dei rischi che hanno deciso di correre. Ben diverso il discorso per tutti coloro (e sono i più) che corrono rischi senza un minimo di esperienza e spesso senza neanche rendersene conto: un atteggiamento veramente imprudente.
Per quanto riguarda il 'rischiare la vita', sicuramente andare in montagna è pericoloso, ma è un rischio che si sceglie deliberatamente: credo dipenda dal senso che ognuno di noi attribuisce al proprio vivere, il fatto che possa 'valerne la pena' o meno... per quanto mi riguarda, domenica sono stato a casa perché il rischio era veramente alto (4 in tutto il piemonte, tra il 3 e 4 in Vda) ma quando mi lancio sui pendii in freeride non è il pericolo ad interessarmi: è l'unicità dell'ambiente e l'indescrivibile emozione che provoca la neve, il silenzio, la montagna...
LoSte
Non mi sento di dire se han fatto bene o meno ad andare, ma credo che se lo sentissero e quindi difficilmente definirei imprudente il loro comportamento.
Inoltre, essendo dei professionisti della montagna, credo proprio che fossero coscienti dei rischi che hanno deciso di correre. Ben diverso il discorso per tutti coloro (e sono i più) che corrono rischi senza un minimo di esperienza e spesso senza neanche rendersene conto: un atteggiamento veramente imprudente.
Per quanto riguarda il 'rischiare la vita', sicuramente andare in montagna è pericoloso, ma è un rischio che si sceglie deliberatamente: credo dipenda dal senso che ognuno di noi attribuisce al proprio vivere, il fatto che possa 'valerne la pena' o meno... per quanto mi riguarda, domenica sono stato a casa perché il rischio era veramente alto (4 in tutto il piemonte, tra il 3 e 4 in Vda) ma quando mi lancio sui pendii in freeride non è il pericolo ad interessarmi: è l'unicità dell'ambiente e l'indescrivibile emozione che provoca la neve, il silenzio, la montagna...
LoSte
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Purtroppo il problema di fondo è che per non essere incoscienti, dopo un'abbondante nevicata, dovremmo starcene a casa sotto le coperte, far passare 2 o 3 giorni e poi valutare l'itinerario se è ancora o no a rischio.
Ma da un po' di anni si corre alla ricerca della prima traccia addirittura mentre sta ancora nevicando.
E credetemi che il pericolo si può insidiare dove meno lo aspetti, il posto dove è avvenuto l'incidente si percorre sovente con neve fresca e non ha difficoltà tecniche.
L'unica cosa che sembra si possa imputare alle vittime (sempre secondo le parole scritte nell'articolo) è il fatto che se Zaninetti, già sceso, mentre aspettava la discesa della compagna, è stato investito dalla slavina, probabilmente non si era messo in una zona sicura messo.
E' anche vero che non sempre si riesce a trovare il posto giusto.
Comunque è fondamentale scendere uno alla volta e cercare di fermarsi in un posto protetto da rocce.
Non fare troppo dislivello, perchè se ad esempio si è solo in 2, e l'incidente capita al secondo e noi siamo 200 mt. sotto, come risaliamo a cercarlo nella neve fresca???
Mai rischiare troppo, però forse quello stesso giorno con pochi esperti l'avrei fatto anch'io quel giro.
Ma da un po' di anni si corre alla ricerca della prima traccia addirittura mentre sta ancora nevicando.
E credetemi che il pericolo si può insidiare dove meno lo aspetti, il posto dove è avvenuto l'incidente si percorre sovente con neve fresca e non ha difficoltà tecniche.
L'unica cosa che sembra si possa imputare alle vittime (sempre secondo le parole scritte nell'articolo) è il fatto che se Zaninetti, già sceso, mentre aspettava la discesa della compagna, è stato investito dalla slavina, probabilmente non si era messo in una zona sicura messo.
E' anche vero che non sempre si riesce a trovare il posto giusto.
Comunque è fondamentale scendere uno alla volta e cercare di fermarsi in un posto protetto da rocce.
Non fare troppo dislivello, perchè se ad esempio si è solo in 2, e l'incidente capita al secondo e noi siamo 200 mt. sotto, come risaliamo a cercarlo nella neve fresca???
Mai rischiare troppo, però forse quello stesso giorno con pochi esperti l'avrei fatto anch'io quel giro.
in effetti vista la relativa giovane età, dei protagonisti, ci può anche stare che prendano queste decisioni, posso capirli. Penso che la prossima volta in analoga situazione abbiano modo di trarne vantaggio da questa esperienza, e magari accettare l'idea che affrontare anche con tutte le precauzioni possibili potrebbe non bastare, e rinunciare una volta non significa esserne sconfitti, ma guadagnare molte altre possibili e piacevoli sciate.
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Incoscienti? E perchè?
Addiritura zaino con possibilità di filtrare l'aria!
Più che altro lo chiamerei incidente di percorso.
Ognuno di noi, freerider, alpinista, scialpinista o scalatore sa di andare in contro ad un pericolo oggettivo. Per combatterlo ci si informa, si studia, ci si applica e si cerca di minimizzare il rischio.
Un alpinista può scivolare, un rocciatore può cadere e un freerider può essere travolto da una valanga.
Non è rischiare la vita!
E' cercare nuove emozioni (anche forti) in sicurezza, non totale, ma cmq in sicurezza.
Addiritura zaino con possibilità di filtrare l'aria!
Più che altro lo chiamerei incidente di percorso.
Ognuno di noi, freerider, alpinista, scialpinista o scalatore sa di andare in contro ad un pericolo oggettivo. Per combatterlo ci si informa, si studia, ci si applica e si cerca di minimizzare il rischio.
Un alpinista può scivolare, un rocciatore può cadere e un freerider può essere travolto da una valanga.
Non è rischiare la vita!
E' cercare nuove emozioni (anche forti) in sicurezza, non totale, ma cmq in sicurezza.
c'è un distinguo da fare... si possono avere le stesse sensazioni in periodi di minor "rischio valanghe!" se il rischio è talmente alto è incoscienza bella e buona a mio modo di vedere..... adesso non conosco il percorso, ma i fatti sono evidenti, ed essere attrezzati è una sicurezza a doppio taglio (tanto ti senti sicuro e tanto di più rischi) se ci fossero state decine di metri di neve da scavare,o rocce affioranti sicuramente il malcapitato non raccontava più nulla ( dicesi anche "culo") Ed è inutile fare tanta reclame sulla sicurezza quando si ignorano quasi a spregio le fondamentali e primarie nozioni della sicurezza stessa.
In questo modo quale esempio si da alla comune gente che si reca in montagna???
In questo modo quale esempio si da alla comune gente che si reca in montagna???
X fedest!
Ciao fedest!
Francamente non sono d'accordo con te: sicuramente il sopravvissuto ha avuto fortuna a non incontrare sassi, salti, strapiombi, ma questo è il famoso fattore 'imponderabile' (più elegante, non trovi?) rispetto ad una situazione che non si presenta mai a 'rischio zero'.
Poi, francamente, se l'alternativa è stare a casa e rischiare di morire di incidente domestico (tra le prime 5 cause di morte in italia), di fumo (idem), o di incidenti stradali (1.800.000 feriti all'anno) francamente non vedo quale sia il vantaggio...
Ok, sicuramente è più facile quando sei esposto in una situazione pericolosa, ma in linea di principio sai che stai rischiando e lo accetti. Sì, si può accettare di correre dei rischi, se pensi che ne valga la pena.
E, tanto per sfatare un luogo comune, sai qual'è il grado di pericolo che registra il più alto numero di incidenti mortali? Il grado di pericolo 2.
Ti sembra strano? Non lo è: chiunque 'viva' veramente la montagna sa benissimo che il bollettino valanghe è indicativo, e non va considerato un valore assoluto. Infatti, la maggior parte della gente legge 'richio 2' e interpreta 'figo! non ci sono pericoli: faccio qualsiasi freeride senza problemi', spegnendo il cervello... (a proposito dell'esempio alla gente comune... e già stiamo parlando di frequentatori della montagna 'evoluti' visto che sanno, per lo meno, che cos'è un bollettino nivologico)
Noi non siamo andati perché non conosciamo a sufficienza la montagna, perché non conosciamo così bene i posti e i versanti, le esposizioni, ecc... non siamo andati per questo motivo: una scarsa conoscenza, molto di più che un bollettino con rischio 3/4. O meglio: la somma delle nostre incompentenze con il grado di rischio ci ha fatto desistere.
Invece, questi sono professionisti della montagna, che conoscono sia l'ambiente che i rischi, che sanno che il passaggio X in determinate condizioni è fattibile, mentre magari il passaggio Y è assolutamente da evitare, anche con pericolo 2.
Ritengo sia opportuno evitare dei facili generalizzazioni, sia rispetto al grado di pericolo del bollettino, sia rispetto al fatto che, benché abbiano sbagliato la loro valutazione - e credo che il sopravvissuto se lo ricorderà molto meglio di noi - e sia venuta giù la valanga, nel momento in cui hanno deciso di rischiare non stavano lavorando né dando alcun esempio.
Se Barrichello venisse fermato ai 150 in autostrada, dovremmo togliergli la patente per sempre perché, essendo un professionista, 'dà il cattivo esempio?'
Anche in merito agli strumenti: non so che esperienza tu abbia, però personalmente non mi sento così 'invincibile' per possedere un arva, ed avere una pala ed una sonda nello zaino: servono soltanto nella malaugurata ipotesi di aver veramente sbagliato (se viene giù una valanga, nella maggior parte dei casi hai sbagliato la tua valutazione).
Anzi, prego ogni volta che usciamo di non doverli usare... non so se l'avalung dia maggior sicurezza, ma non penso proprio che cambi la percezione del rischio, o ti faccia sentire 'invulnerabile'. No?
LoSteo
Francamente non sono d'accordo con te: sicuramente il sopravvissuto ha avuto fortuna a non incontrare sassi, salti, strapiombi, ma questo è il famoso fattore 'imponderabile' (più elegante, non trovi?) rispetto ad una situazione che non si presenta mai a 'rischio zero'.
Poi, francamente, se l'alternativa è stare a casa e rischiare di morire di incidente domestico (tra le prime 5 cause di morte in italia), di fumo (idem), o di incidenti stradali (1.800.000 feriti all'anno) francamente non vedo quale sia il vantaggio...
Ok, sicuramente è più facile quando sei esposto in una situazione pericolosa, ma in linea di principio sai che stai rischiando e lo accetti. Sì, si può accettare di correre dei rischi, se pensi che ne valga la pena.
E, tanto per sfatare un luogo comune, sai qual'è il grado di pericolo che registra il più alto numero di incidenti mortali? Il grado di pericolo 2.
Ti sembra strano? Non lo è: chiunque 'viva' veramente la montagna sa benissimo che il bollettino valanghe è indicativo, e non va considerato un valore assoluto. Infatti, la maggior parte della gente legge 'richio 2' e interpreta 'figo! non ci sono pericoli: faccio qualsiasi freeride senza problemi', spegnendo il cervello... (a proposito dell'esempio alla gente comune... e già stiamo parlando di frequentatori della montagna 'evoluti' visto che sanno, per lo meno, che cos'è un bollettino nivologico)
Noi non siamo andati perché non conosciamo a sufficienza la montagna, perché non conosciamo così bene i posti e i versanti, le esposizioni, ecc... non siamo andati per questo motivo: una scarsa conoscenza, molto di più che un bollettino con rischio 3/4. O meglio: la somma delle nostre incompentenze con il grado di rischio ci ha fatto desistere.
Invece, questi sono professionisti della montagna, che conoscono sia l'ambiente che i rischi, che sanno che il passaggio X in determinate condizioni è fattibile, mentre magari il passaggio Y è assolutamente da evitare, anche con pericolo 2.
Ritengo sia opportuno evitare dei facili generalizzazioni, sia rispetto al grado di pericolo del bollettino, sia rispetto al fatto che, benché abbiano sbagliato la loro valutazione - e credo che il sopravvissuto se lo ricorderà molto meglio di noi - e sia venuta giù la valanga, nel momento in cui hanno deciso di rischiare non stavano lavorando né dando alcun esempio.
Se Barrichello venisse fermato ai 150 in autostrada, dovremmo togliergli la patente per sempre perché, essendo un professionista, 'dà il cattivo esempio?'
Anche in merito agli strumenti: non so che esperienza tu abbia, però personalmente non mi sento così 'invincibile' per possedere un arva, ed avere una pala ed una sonda nello zaino: servono soltanto nella malaugurata ipotesi di aver veramente sbagliato (se viene giù una valanga, nella maggior parte dei casi hai sbagliato la tua valutazione).
Anzi, prego ogni volta che usciamo di non doverli usare... non so se l'avalung dia maggior sicurezza, ma non penso proprio che cambi la percezione del rischio, o ti faccia sentire 'invulnerabile'. No?
LoSteo
Posso dire che sono d'accordo sul fatto che se dovessi scegliere come morire,preferirei farlo sul divertimento e non sul "dovere" o fra le mura domestiche (così, proprio al limite, nè) Non potendo scegliere, faccio attenzione ovunque.
Per quanto riguarda le percentuali di rischio, ho qualche dubbio siano paragonabili il fattore 4 al fattore 2, sarà probabile che, con il fattore 2 ci sono molti più incidenti per il semplice fatto che c'è molta più gente che pratica la montagna e comunque non particolarmente attenta , istruita o esperta. (al contrario i numeri sarebbero esponenziali)
Per quanto riguarda l'accaduto, l'unico appunto che faccio da non praticante,(quindi dall'esterno) è appunto, a che scopo si danno indicazioni di rischio se poi le si ignorano.... ben inteso che ognuno fa quel che meglio si sente di fare, a proprio rischio e pericolo.E tutto quel che "disgraziatamente" ne deriva, lo mettiamo sui costi della collettività, tanto euro più euro meno
Per quanto riguarda le percentuali di rischio, ho qualche dubbio siano paragonabili il fattore 4 al fattore 2, sarà probabile che, con il fattore 2 ci sono molti più incidenti per il semplice fatto che c'è molta più gente che pratica la montagna e comunque non particolarmente attenta , istruita o esperta. (al contrario i numeri sarebbero esponenziali)
Per quanto riguarda l'accaduto, l'unico appunto che faccio da non praticante,(quindi dall'esterno) è appunto, a che scopo si danno indicazioni di rischio se poi le si ignorano.... ben inteso che ognuno fa quel che meglio si sente di fare, a proprio rischio e pericolo.E tutto quel che "disgraziatamente" ne deriva, lo mettiamo sui costi della collettività, tanto euro più euro meno