Per il Fatto Quotidiano sciatori fa rima con evasori

04 Dicembre 2020

© Fotografia - Obereggen


Nel “blabla” relativo al Covid i maestri di sci che non lavoreranno a Natale, non hanno lavorato a marzo, aprile, novembre, non a dicembre e forse lo faranno dal 7 gennaio, così i gattisti, i rifugisti e tutte le categorie di settore, devono pure sentirsi fare la morale. E non solo dalle Lucarelli di turno che danno delle bullette alle nostre campionesse.

Per Il Fatto Quotidiano, per esempio, chissenefrega se la stagione non parte, tanto a sciare ci vanno i ricchi, e loro, si sa, sono quasi tutti evasori.

“Contando l’un per l’altro 741 milioni di europei, gli sciatori si sono ridotti a una fascia calcolata tra l’1 e il 2 per cento, che fanno parte della classe più ricca, tra cui sicuramente si contano numerose tribù di evasori-elusori fiscali”, si legge in un articolo a firma Paolo Martini pubblicato su ilfattoquotidiano.it.

Lo sci fa da volano all’intera economia montana, per 1 euro di skipass se ne spendono 9 nell’indotto. Per questo gli impianti sono sussidiati dal pubblico, perché mantengono intere famiglie che, stando in montagna, la presidiano, la curano, ci campano e, sì, un po’ la inquinano.

Mica vorremo far divertire i ricchi evasori, giusto? Quindi meglio che gli impianti non aprano, ma non solo ora, meglio che non aprano mai, che non aprano più. Perché congelare l’acqua per fare la neve (che poi si scioglie) è uno spreco, perché la montagna è bella solo se è esclusiva, se è ascetica, se conquistata con le proprie forze. Certi panorami i ricchi scansafatiche (ed evasori) non se li meritano, quindi via impianti. E su solo i superuomini e chi se lo merita. O solo i cittadini, magari non ricchissimi, ma abbastanza ricchi, che in montagna non ci vivono ma parlano a nome della montagna e hanno LA ricetta per la montagna.

“Ecco, l’emergenza pandemica dovrebbe spingerci anche a ripensare un’economia alpina davvero alternativa, che vada oltre il modello turistico distruttivo e ingiusto imperniato sullo sci da discesa”, si legge ancora nell'articolo.

Non lo sapevate? C’è una ricetta per una montagna senza sci, senza impianti, senza grandi alberghi. Esiste e tutti la invocano come un mantra. Si chiama “sviluppo alternativo ed ecosostenibile”. Peccato che nessuno abbia mai capito esattamente in cosa consista, nessuno ha mai fatto un business plan, nessuno è andato a capire cosa far fare a tutti quelli che direttamente e indirettamente vivono di sci.

Ci sono esempi di località montane che vivono senza sci alpino? Qualcuno sì, e sono un bene, eccezioni che vanno preservate e replicate, quando possibile, dove possibile.

Però il pane non si può pagare con l’ideologia e le tasse non si possono pagare con le ciaspolate e il turismo alternativo. Lo sviluppo della montagna deve passare anche dall’attenzione per l’ambiente, dalla valorizzazione del patrimonio naturale e dalle pratiche alternative, come chi più, chi meno, si sta facendo ovunque. Le foreste vanno liberate dai detriti dei vecchi impianti e di certo non bisogna arrivare a colonizzare ogni vetta con una funivia. Ne sono tutti consapevoli.

Ma il luddismo anti impianti e l’ideologia anti sci, che cerca in tutti i modi di dimostrare che lo sci alpino non è il traino essenziale dell’economia di montagna, non possono che fare male a chi in montagna ci vive e - volendo fare filosofia - alla montagna stessa. Basta andare a chiedere a Livigno, a Canazei, a Ortisei, a Courmayeur ... come si viveva prima dello sci.

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di Francesco Lovati
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