Così si affossa l'economia virtuosa di una piccola comunità di montagna


Un mix infernale fra burocrazia pusillanime, incompetenza, pedanteria, disorganizzazione e semplice ignoranza – ignoranza del valore aggiunto della montagna d’inverno -  sta affossando un patrimonio straordinario come il Gran Sasso e la sua gente. Privando completamente l’accessibilità alla grande montagna appenninica. Certo, la tragica fatalità dell’anno scorso, la valanga di Rigopiano, fa ancora tremare i pubblici amministratori locali di Abruzzo, ma per non saper né leggere né scrivere, si è arrivati al paradosso di chiudere strade di vitale importanza turistica anche con neve assente o scarsa. Ci piace dunque segnalare e mettere in rilievo l’azione di denuncia attraverso vari canali tradizionali e social di Stefano Ardito, giornalista, divulgatore e storico della montagna, uno dei massimi esperti di Appennino: per esempio formando il gruppo facebook  #iovivoilgransasso e promuovendo la ciaspolata di protesta svoltasi il 3 gennaio ‘nel piccolo Tibet’ (fra Castel del Monte, Santo Stefano di Sessanio e Calascio), contro l’inopinata chiusura della strada – con uno spregevole muro di ghiaia -  verso il Lago Racollo e l’omonimo rifugio, che così non ha potuto aprire. In realtà questa strada è già tre inverni che viene chiusa per non meglio identificati motivi di sicurezza.  Giova qui riassumere i punti salienti dell’ennesimo anno orribile per l’inverno abruzzese, sintetizzato dai contributi di Ardito su vari organi di stampa come Il Messaggero e testate locali, su vari siti internet e su face book.

A Campo Imperatore la funivia, di proprietà di una società del Comune dell’Aquila, è regolarmente aperta. Al momento pare non ci siano divieti per ramponi e sci alpinismo ma lo storico albergo è completamente chiuso. Il cantiere della nuova seggiovia Fontari è ufficialmente ancora aperto, ma i lavori sono iniziati troppo tardi e di fatto non si scia, come denunciato anche da noi di dovesciare.it qui: https://www.dovesciare.it/news/2018-01-02/campo-imperatore-ancora-niente-sci-la-seggiovia-fontari-non-e-pronta. Non bastasse, il sito ufficiale della stazione alla pagina piste e impianti è tristemente aggiornato al 31 luglio… Bene, visto che come sappiamo una bella percentuale di amanti della neve, non scia, almeno ci saranno percorsi tracciati per ciaspole? O proposte più organizzate di escursioni più impegnative con le guide alpine? Zero.

Sul versante di Teramo a Prato Selva, le seggiovie sono chiuse, i battipista in abbandono, il rifugio alla base degli impianti idem. Ai Prati di Tivo, la cabinovia, costruita nel 2009 sovradimensionata verrà gestita con enormi difficoltà dalla Gran Sasso Teramano, società pubblica in via di liquidazione, ma si sono già persi giorni preziosi. Senza battitura, la neve di dicembre è stata spazzata via dal vento. La cabinovia dell’Arapietra invece funziona, ma trasporta solo scialpinisti e alpinisti. Ma all’arrivo non c’è nulla, nemmeno un ristoro.  La strada di Fonte Vetica, cuore di un comprensorio di scialpinismo e sci nordico potenzialmente di tutto rispetto, nel 2017 è stata aperta soltanto a metà marzo e anche quest’inverno è chiusa.

E pensare che la zona del Gran Sasso era stata scoperta negli ultimi anni da centinaia di esperti mountain lovers da Svizzera, Austria e Germania. D’altronde qui si sconta la cultura veramente superficiale della montagna e della neve anche presso le alte sfere e i media generalisti romanocentrici, per i quali la neve è solo un fastidio o una catastrofe sulla quale terrorizzare le persone, o tutt’al più quella dei cinepanettoni e dei vips a Cortina e Courmayeur, un trastullo per ricchi.

Qui ci sono responsabilità dei Comuni, della Regione, delle tre ex-Province di Teramo, Pescara e L’Aquila, delle società pubbliche proprietarie degli impianti di risalita, del Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga… nessuno escluso. Quest’ultimo peraltro non ha competenze sulla gestione delle strade, ma ci aspetterebbe una maggiore coinvolgimento visto che senza la fruibilità dei luoghi non c’è nemmeno turismo sostenibile, e senza di questo la montagna muore… 

(alcune foto a corredo sono dello stesso Stefano Ardito)