Una distilleria da visitare, sulle rotte dello sci...
Passando quelle 700-800 volte sull’A22 del Brennero (dove ormai ho il pilota automatico), ansioso di raggiungere una stazione sciistica, l’ho sempre notato, quel grande edificio in una sorta di stile eclettico-alpino,con l’insegna Marzadro, immerso fa i vigneti sotto le incombenti fiancate della Vallagarina: sì, Marzadro. Siamo a Brancolino di Nogaredo, non lontano da Rovereto.. Sono quelli della grappa. Il marchio lo conoscevo, ci mancherebbe. Ma confesso che non sono mai stato un grande esperto né un particolare amante di grappe, e quindi non mi ero mai fermato, mentre da quelle parti avevo già visitato diverse cantine (e ce ne sono eccome di valide qui nella terra del Marzemino), o la Casa del Vino, splendido ristorante enoteca ‘collettivo’ dei prodotti locali nel borgo di Isera. Produco vino (e quindi so bene cosa sono le vinacce!), ho scritto e scrivo di vino e territori, ma pensa te, non avevo mai visto da vicino il processo di produzione della grappa!
Poi, finalmente, questa occasione di visitare la Distilleria Marzadro è arrivata.
E ho scoperto un mondo, colmando una lacuna nelle mie conoscenze. E vi dirò di più: sono entrato in contatto con una bella impresa familiare – non scontato, visti i 20,9 milioni di fatturato e i 75 dipendenti - emblematica di un sano e forte made in Italy (o made in Trentino). Distilleria Marzadro, nata nel 1949, è oggi alla terza generazione, rappresentata da Mattia, Alessandro (figli di Stefano, che a sua volta è presidente e amministratore delegato) e Luca (figlio di Andrea). Li ho conosciuti. Gente alla mano, in gamba, e anche sciatori…
Non a caso, qui siamo proprio sulle rotte dello sci, senza dimenticare che sui vicini altipiani ci sono Folgaria (Alpe Cimbra) e Polsa di Brentonico… Beh, per noi sciatori, che erroneamente consideriamo la grappa come un digestivo del dopo rifugio e non stiamo tanto a guardare la marca, vale senz’altro la pena uscire dall’autostrada a Rovereto Nord e fermarsi alla Marzadro, ben attrezzata per l’accoglienza e generalmente sempre aperta dalle 9 alle 18.30, salvo alcune feste principali. Da subito, un ottimo segnale per noi: davanti all’ingresso campeggia la vecchia cabina rossa anni ’60 della funivia Malcesine Monte Baldo! Ma entriamo: non solo si possono fare acquisti, ma soprattutto si vanno a scoprire i significati culturali non banali che stanno alla base della grappa. Ricordiamo la definizione: è un prodotto ottenuto dalla distillazione delle vinacce (bucce) dell’uva pigiata. Tutto italiano e tracciato al 100%. Non vi racconto qui il procedimento (occhio: è tutto ‘fisica’, no chimica: ristudiamo la fisica!), ma solo il particolare che più mi ha colpito: la pulizia e la freschezza della materia prima, la vinaccia. Non me l’aspettavo, e io la vinaccia la conosco bene, l’ho sempre considerata un sottoprodotto. Marzadro distilla solo vinaccia fresca selezionata e solo 100 giorni l’anno (da settembre a novembre, giorno e notte in continuo), per un totale di 50.000 quintali (più le lavorazioni di vinacce di Amarone, qualche mese più tardi). Il segreto è tutto lì. Su prenotazione si può prendere parte alle frequenti visite guidate e successive degustazioni, previste in vari tipi di format più o meno approfonditi (da 3 a 10 euro a persona – sul sito www.marzadro.it tutte le info dettagliate). Il tour comprende l’area di ricevimento delle vinacce con i grandi serbatoi inox, poi il ‘cuore caldo’ della distilleria, con gli alambicchi rigorosamente in rame (si usa il procedimento ‘a bagno maria’), e infine le suggestive e articolate bottaie di stoccaggio e affinamento, davvero impressionanti, con 3000 pezzi fra barrique, e botti più grandi, di vari legni. Il tutto per una produzione di 1,5 milioni di bottiglie.
In un’ala costruita in tempi più recenti è stata poi ricavata un ampia sala showroom degustazione, felice esempio di architettura contemporanea più ‘spinta’, che preferisco decisamente rispetto all’ala ‘vecchia’. E a proposito di architettura: lì vicino, a Rovereto c’è, il MART, uno dei primi musei di arte contemporanea italiana, firmato una ventina di anni fa dal ticinese Aldo Botta, ora diretto dal ‘bolognese’ Gianfranco Maraniello: le mostre importanti, la collezione permanente (sempre con intriganti novità) e – appena aperto – il bistrot e ristorante gourmet Senso condotto da poche settimane dal superchef Alfio Ghezzi (ex Locanda Margon), inducono a rinunciare a qualche ora di sci. E se lo dico io…
Infine, ultima tappa, la bella azienda agricola con agriturismo, cantine e frantoio Madonna Delle Vittorie, acquisita dai Marzadro nel 2016, ad Arco di Trento, sulla sponda nord del Lago di Garda. Produce un Trento Doc brut, Gewürztraminer e una Nosiola, bianco autoctono trentino, che mi è veramente piaciuta.
Cosa assaggiare
La nuova frontiere della grappa – che ricordiamo è un’igp, cioè indicazione geografica protetta, quindi italiana al 100% (nome intraducibile e non copiabile) – è nel bere miscelato. Talvolta può capitare di vedere all’opera nel punto di degustazione della Marzadro il bartender e titolare del Rivabar di Riva del Garda Leonardo Veronesi, che lavora su ingredienti tipici del territorio, come il ginepro del Monte Baldo e le foglie d’olivo del Garda. Ho provato tra gli altri i suoi ZINGIMBER (Grappa Diciotto Lune Marzadro, Vermut Altolago Marzadro, Bevanda allo zenzero, Sciroppo di ananas e miele, Spremuta di agrumi) e il KICK MY ASS (Grappa invecchiata Giare Chardonnay 3 anni Marzadro, Sciroppo di mandorle, Spremuta di limone, Spremuta di arancio). Le sperimentazioni della Marzadro nella mixology si sono già esplicate non solo con test, ma con vere e proprie nuove linee di prodotto: “Infusioni”, “Luz Gin” (sempre con la collaborazione del bar tender Veronesi, che è anche un esperto di gin) e di “Altolago Vermut” La linea “Infusioni”, in particolare, recupera l’antica tecnica della liquoristica del secolo scorso, che si basa sull’infusione precisa di erbe aromatiche (la giusta quantità, nel giusto tempo, nei litri definiti),
Tornando alle grappe, la più famosa della Marzadro è “Le Diciotto Lune”. Prende dai mesi di invecchiamento (con il nuovo packaging appena presentato); “Giare”, invecchiate 36 mesi; “Espressioni”, dai 4 ai 6 anni; “Affina” il prodotto più prestigioso, invecchiato 10 anni; “Anfora”, dove viene applicata la tecnica di micro-ossigenazione della grappa attraverso l’invecchiamento in anfore di terracotta. Parallelamente a “Le Diciotto Lune” c’è la linea superiore: “Le Diciotto Lune Botte Porto”: invecchiamento de Le Diciotto Lune per altri 18 mesi in botti usate precedentemente per il Porto. L’invecchiamento aggiuntivo dona un sentore maggiormente fruttato alla grappa originale. Cin cin, allora (con moderazione!)!