Obereggen, la stazione 'dinamica'
Stazione sciistica dinamica. Nei miei tanti articoli che durante la ‘carriera’ giornalistica ho scritto su Obereggen, ho spesso adoperato questa espressione. Io qui, come molti altri sciatori emiliani (noi siamo a due ore e mezza), ci bazzico dalla ‘preistoria’ eroica dello sci. Pensate, fino ai primi anni ’80 c’era ancora una bidonvia che collegava Predazzo con il Passo Feudo, e quindi Pampeago-Obereggen; e si poteva scendere fino a valle (cosa non possibile oggi) per una pista (pista?) che non era altro che un budello ghiacciato… Ma già allora restavo a bocca aperta per la modernità che si respirava. Perché lì vedevo le prime seggiovie quadriposto veloci, i primi cannoni…. Che tempi. Beh, a parte i discorsi storico-nostalgici-anagrafici del vostro skiwriter, da sempre Obereggen, che con le trentine Pampeago e Predazzo forma i quasi 50 km di piste dello Ski Center Latemar (naming che potrebbe cambiare a breve) è uno dei laboratori italiani dell’industria sciistica. Nel DNA della stazione c’è sempre stato uno speciale know how organizzativo e una propensione all’innovazione, che ha portato poi a esperienze come i primi concerti sulla neve, le piste in notturna, gli eventi più disparati, i primi apres ski, i rifugi gastronomici, e poi i rifugi di design (da non perdere, l’Oberholz…), location di videoclip dei big del pop…. Sempre per primi. Come primi sono ad aprire e gli ultimi a chiudere la stagione, nonostante la quota non esageratamente elevata.Ultima di quest’anno l’inaugurazione del nuovo rivoluzionario après-ski LOOX – the Alpine Club di Obereggen nei pressi della stazione a valle della Oberholz, la nuova seggiovia a 8 posti Reiterjoch, che statistiche alla mano è uno degli impianti che registra i maggiori passaggi delle Dolomiti.
Bene, tutto questo pistolotto, per dire che in questi giorni ho avuto occasione di tornarci dopo vari anni di assenza. Impressione ottima… Gli anni passano ma qui sono sempre i primi della classe. Le mie piste preferite sono la Oberholz, e la Nazionale che scende verso Predazzo. Ma non posso dimenticare la Pala di Santa… Ma non necessariamente la stupenda parte di omonima pista nera servita dalla seggiovia che raggiunge il punto più alto del comprensorio, quanto il suo tratto alto, dai più trascurato, perché sembra ‘inutile’ e piatto. Beh, si tratta di un nostalgico skilift ‘alla fine del mondo’, isolato, aereo, che arriva quasi in cima (una breve arrampicata permette di godere della visione di mezzo arco alpino, dall’Adamello a tutte le Alpi Tirolesi), su una sorta di plateau amplissimo, con una pista incredibilmente larga e panoramica in campo aperto… Provare per credere.
(foto di Paolo Codeluppi e Oskar da Riz)